LE ANTICHE CITTÀ FALISCHE E LA VALLE DEL TEVERE

Lungo la valle del Tevere e tra le gole di tufo

Tre elementi di paesaggio geologico ben distinguibili caratterizzano l’antico Ager Faliscus, quell’ampia porzione di territorio situata tra il distretto vulcanico sabatino e il corso del fiume Tevere nel tratto oggi compreso tra Orte e Roma.

Si tratta di tre scenari di particolare suggestione a cui sono indissolubilmente legati miti, leggende, storie passate e recenti di grande fascino, tracce resistenti di scoperta di questo complesso sistema paesaggistico: la valle del medio corso del Tevere, dominata da ampi terrazzamenti coltivati intervallatati da aree umide di grande interesse naturalistico; le forre di tufo vulcanico, un articolato sistema di gole scavate dai fiumi o tagliate artificialmente per favorire il passaggio di uomini e merci; il Monte Soratte, culmine della dorsale carbonatica tiberina che svetta solitario, circondato dai bassi terrazzamenti del fiume Tevere.

Elementi del paesaggio

Elementi del paesaggio

La valle alluvionale del Tevere

Si presenta come un’ampia spianata di fondovalle, esito del colmamento di una più antica vallata escavata durante l’ultimo glaciale. All’altezza di Orte il Tevere raggiunge una larghezza variabile tra i 100 e i 200 m a fronte di una profondità di soli 1-3 m. Da questo punto in poi, proseguendo verso la foce, la valle diviene piuttosto estesa e, a causa della pendenza modesta, perturbazioni trasversali ed oscillazioni laterali della corrente accentuano la sinuosità del fiume disegnando meandri di notevoli dimensioni. Tra Ponzano Romano e Forano, l’alveo è largo quasi 2,5 km e l’aspetto meandriforme diviene sempre più caratteristico, con un singolare esempio a forma di “fiasco”, in prossimità del comune di Ponzano Romano. La curvatura è molto pronunciata e le due anse sono talmente vicine da far presagire un loro futuro congiungimento sinora impedito solo da interventi di arginatura artificiale. Poco più a Sud, a monte della centrale idroelettrica Enel di Nazzano, si trova la Riserva Naturale Regionale (RNR) Nazzano Tevere – Farfa, oggi ricompresa in una più estesa Zona di Protezione Speciale di interesse europeo. Qui, tra il 1953 e il 1955, lo sbarramento del fiume ha causato l’innalzamento del livello dell’acqua. La conseguente inondazione dei terreni circostanti ha dato vita ad un’area umida di circa 300 ettari, con profondità variabile tra i 20 cm e 100 cm, in grado di ospitare un gran numero di specie di uccelli durante le loro migrazioni. Il limite ovest della Valle del Tevere è segnato da un sistema di bassi rilievi collinari argilloso-sabbioso-conglomeratici separati da vallecole incise da fossi, dotate di versanti generalmente dolci lungo cui si alternano campi coltivati e boschetti umidi.

Elementi del paesaggio

Il sistema naturale e artificiale delle forre di tufo vulcanico

Costituisce l’ambiente di riferimento dell’antica civiltà falisca. In queste strette vie scavate nella roccia si snodavano le principali vie di comunicazione che collegavano i centri abitati situati invece in corrispondenza dei pianori. In epoca romana, la via Amerina – che più tardi sarà anche conosciuta come “Corridoio Bizantino”-, attraversa tutto l’Ager falisco. La strada romana, realizzata nel 241 a.C. – di cui sono ancora visibili e percorribili lunghi tratti -, ricalca le percorrenze più antiche di un sistema di strade vicinali falische. La strada intercetta luoghi di grande valore non solo storico-archeologico ma anche artistico. Sono questi i casi di luoghi come il Castello Orsini, presso Vasanello, dove oltre ad essere custodito un giardino medievale attentamente ricostruito negli ambienti e nelle specie, si trova anche la fabbrica delle Ceramiche Misciattelli, avviata a metà Novecento dentro le scuderie settecentesche fatte costruite dai Barberini; o di Corchiano, dove si trovano numerose necropoli etrusche, o ancora di Nepi dove, nel 1828, soggiornò il pittore inglese William Turner che ritrasse in alcuni acquerelli l’antico acquedotto e la Rocca dei Borgia.
Le forre tufacee sono celate da un paesaggio solo in apparenza collinare, coperto da boschi selvaggi e rigogliosi dominati da querce e castagni. Al di sotto queste canopie selvagge e rigogliose si trovano la Valle del Treja, l’Oasi di Pian Sant’Angelo, il Monumento naturale delle forre che custodiscono gli ecosistemi umidi tipici dell’area.
Più a Sud, anche il territorio di Bomarzo – per lo più noto per il Parco dei Mostri, un lembo di bosco punteggiato da sculture in basalto del XVI secolo ritraenti animali mitologici, divinità e mostri -, annovera elevati valori di biodiversità vegetale ed animale come numerosi esemplari di orchidea, il falco lanario e la quercia virgiliana, specie molto rara nel Lazio e la cui foglia fortemente lobata è rappresentata nel logo dell’Area Protetta.

Elementi del paesaggio

Monte Soratte

La morfologia e la posizione isolata caratterizzano questo modesto rilievo calcareo che, sebbene alto solo poco meno di 700 metri, svetta e domina l’ampia vallata del Tevere. Il suo profilo descrive un arco a sei cime il cui orientamento Nord-Sud è ragione di una vegetazione tanto ricca e differenziata: boschi caduchi di carpino nero, orniello e acero minore sul versante esposto ad Ovest, il più freddo; specie della macchia mediterranea e leccete sul versante esposto ad Est, il più caldo. La composizione calcarea della montagna dà origine a fenomeni carsici superficiali e profondi. Oltre alle numerose grotte, i versanti del monte sono caratterizzati dai cosiddetti “meri”, gigantesche voragini che si aprono nella roccia.
Abitato già all’età del bronzo, il Monte Soratte è da sempre considerato un luogo mistico: il suo stesso nome deriva da quello del dio Soranus, divinità solare infera italica di cui questo monte rappresentava in età arcaica il principale centro di culto. Più tardi, in epoca cristiana la piccola altura divenne meta privilegiata di eremiti in cerca di pace, silenzio e un’atmosfera ascetica e contemplativa. L’Eremo di San Silvestro, che la leggenda vuole sia stato fondato da Papa Silvestro I durante la fuga dalle persecuzioni di Costantino, sorge quindi non a caso sui resti di un antico tempio dedicato al dio Apollo. Le storie e le leggende legate al Monte Soratte attraversano l’intero corso della storia per arrivare fino al Seconda guerra mondiale quando vennero scavate gallerie e bunker in seguito all’occupazione del comandante tedesco Herbert Kappler. A lui si deve la leggenda del Tesoro del Soratte, secondo la quale nelle viscere nella montagna si dovrebbero trovare ancora oggi numerose casse di oro e preziosi sottratti dai comandi nazisti alla comunità ebraica romana e alla Banca d’Italia.

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Profilo storico-archeologico

Il territorio compreso fra i Monti Cimini e il Tevere corrispondeva al settore anticamente occupato in gran parte dai Falisci, popolo stanziato in questa parte dell’Etruria meridionale molto vicina agli Etruschi. Fra i principali centri abitati si ricordano la colonia veiente di Capena, la più meridionale delle città etrusche, e Falerii, da considerarsi il capoluogo dei Falisci. Ribellatasi a Roma nel 241 a.C., Falerii venne distrutta e i suoi abitanti deportati presso Falerii novi. Il territorio era attraversato da due principali arterie di comunicazione. La prima corrisponde alla via Flaminia, realizzata nel 223 / 220 a.C. per collegare Roma all’ager Gallicus (fra le Marche e la Romagna), attraverso la valle del Tevere, l’agro falisco, l’Umbria e il Piceno. La seconda coincide con la via Tiberina che si distaccava dalla precedente all’altezza del IX miglio. Risalendo il fondovalle, attraversava il territorio capenate (ager Capenas) verso Lucus Feroniae, importante santuario falisco dell’Italia centrale situato ai piedi del monte Soratte e presso cui fu fondata una colonia romana di età cesariana. Le due strade si congiungevano nuovamente al miglio XXXVII.