VALLE DEL LIRI

Alto / basso: la dialettica tra crinale e fondovalle

La Valle del Liri è uno dei simboli della Ciociaria. Lungo il suo corso, sovrastato dalle pendici boscose di querce, castagni, faggi e abeti dei Monti Simbruini e dei Monti Ernici, il fiume caratterizza il paesaggio di fondovalle disegnando numerose gole e meandri. Campi agricoli per lo più coltivati a cereali che conferiscono alla regione un aspetto rurale, complice la presenza diffusa di vigneti e uliveti terrazzati, si alternano a numerose zone umide ripariali e sorgenti. La stessa etimologia del nome “Liri”, sebbene incerta, sembra ricondurre al tema preromano *liri- che allude alla presenza di acqua melmosa, così come il termine “lira” ancora in uso in alcuni dialetti abruzzesi e molisani significa “fango”.


La notevole portata del Liri è dovuta alla permeabilità di gran parte del suo bacino di raccolta e ai numerosi punti di alimentazione. Uno di questi è l’oasi naturalistica del Lago di Posta Fibreno: situato ai piedi del versante sud-occidentale dei Monti della Marsica, il lago è di origine carsica ed è alimentato non da immissari ma da numerose sorgenti. La forma allungata, unita all’elevata velocità di ricambio teorico totale, la temperatura pressoché costante nell’arco dell’anno anche a varie profondità, sono fattori per cui l’ambiente del lago sia di fatto paragonabile ad un ambiente lotico. Una seconda particolarità del Lago è la presenza di un’isola galleggiante formata da rizomi, torba e radici di piante che naviga da un lato all’altro del bacino in base al vento e alle correnti. Sulla “Rota”, come viene chiamata l’isola galleggiante, gli alberi non si sviluppano come quelli che hanno radici sulla terra ferma, ma crescono solo poco più di semplici arbusti.


Oltre alla presenza di laghi naturali, il corso del Liri è caratterizzato dalla presenza di numerosi bacini artificiali – oggi naturalizzati – per lo più connessi alla produzione di energia elettrica. La loro presenza contribuisce ad un regime fluviale piuttosto irregolare. Sono questi i casi del Lago di San Giovanni Incarico, creato alla confluenza con il Sacco negli anni Venti del Novecento. L’invaso è oggi circondato da canneti e da una fascia di vegetazione ripariale a salici e pioppi, vero e proprio rifugio per una ricca comunità di uccelli: anatre, garzette, numerosi passeriformi di palude, cormorani e tuffetti, l’airone bianco maggiore, la cicogna bianca e il falco di palude. Più a monte, il ciclo naturale di riempimento e svuotamento del Lago di Canterno – detto il “lago fantasma” per la periodica ostruzione e apertura dell’inghiottitoio Pertuso – è stato interrotto con la chiusura artificiale dell’inghiottitoio per la produzione di energia elettrica.

Elementi del paesaggio

Elementi del paesaggio

Dialettica della Valle del Liri: terra di passaggio e linea di confine

Storicamente, il sistema vallivo del Liri e del fiume Sacco ha rappresentato il corridoio di penetrazione obbligato tra i sistemi montuosi continui dei monti Lepini-Ausoni-Aurunci a Sud-Est e dei monti Simbruini-Ernici-monti della Meta a Nord-Ovest. La vocazione alla funzione di collegamento tra il centro e il sud della penisola italiana – ancora oggi confermata e favorita dal fascio infrastrutturale formato da autostrada, ferrovie e via Casilina – ha attraversato le epoche storiche. Il percorso della via Latina, che in età medievale prenderà il nome di via Casilina, seppure tracciato definitivamente tra il IV e il III secolo a.C., veniva già utilizzato in età preistorica e gli Etruschi lo usarono per colonizzare la Campania tra i secoli VIII e VI a.C.. Alla funzione di via di passaggio e collegamento della Valle si contrappone quella di confine, naturalmente svolto sempre Liri in diverse epoche e momenti storici: durante l’espansione di Roma, il fiume delimitava le zone di influenza tra romani e sanniti – così come stabilito dal trattato del 354 a.C -; successivamente, nel tratto compreso tra Sora e la confluenza con il Sacco, il fiume rappresentò la linea di confine tra Stato Pontificio e Regno delle due Sicilie in continuità con la linea di crinale dei Monti Ernici. La dialettica tra passaggio e confine propria della valle del Liri si ribadisce, drammaticamente, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Cassino divenne il perno difensivo tedesco lungo la linea Gustav, durante la Campagna d’Italia. Per liberare il controllo della valle, unica via d’accesso possibile per gli alleati in avanzata verso Roma, Cassino fu teatro di una delle battaglie più cruenti di questa fase bellica. L’edificio dell’Abbazia, fino ad allora legata al solo immaginario di San Benedetto, fu distrutto dai bombardamenti alleati e ricostruito alla fine del conflitto.

Elementi del paesaggio

Cammino di San Benedetto

Tra Norcia – in Umbria – e Montecassino, quasi al confine tra Lazio e Campania, si snoda il Cammino di San Benedetto. Si tratta di un itinerario lungo 300 km articolato in 16 tappe che ricalca il percorso mistico intrapreso a piedi da San Benedetto, patrono d’Europa, tra il 525 e il 529. Le ultime 5 tappe attraversano la Ciociaria, lungo la valle del Liri, raggiungendo luoghi di grande interesse storico-artistico e naturalistico: la Certosa di Trisulti (1204), presso Collepardo, il cui nome evoca la presenza di un vicino castello del XII secolo posto al controllo dei tre valichi – o salti, appunto – diretti rispettivamente verso l’Abruzzo, Roma e l’area meridionale dello Stato della Chiesa; l’abbazia di Casamari (1203), presso Veroli, quale uno dei più importanti monasteri italiani di architettura gotica cistercense; ad Isola del Liri, le cascate di Isola (la Cascata Grande e la Cascata del Valcatoio) sono dovute ad un masso di travertino che, sovrastato dal Castello Ducale Boncompagni-Viscogliosi, sbarra il fiume obbligandolo a dividersi in due rami. Sempre il Cammino di San Benedetto conduce ad Arpino, ai piedi della celebre acropoli volsca. Si tratta di uno dei più importanti siti di architettura megalitica del Lazio meridionale per estensione, dimensioni e vetustà: il cerchio di mura poligonali lungo 3 km ed alto fino a 6 metri nei tratti pianeggianti, raggiunge e difende la Civitavecchia e la Civita Falconara; lungo le mura si trova un arco a sesto acuto, unico sopravvissuto nel suo genere in tutta l’area mediterranea. Dopo Arpino, il cammino attraversa le Gole del Melfa, dove nidificano le aquile, raggiunge Roccasecca, terra di Tommaso d’Aquino, e termina a Montecassino, una collina rocciosa aspra e impervia, dove San Benedetto trascorse l’ultima parte della vita, stabilì il proprio monastero dal quale derivò l’ordine benedettino e scrisse la Regola.

Elementi del paesaggio

Profilo storico-archeologico

Il territorio deve chiaramente il suo nome al più importante percorso idrico che lo attraversa, il fiume Liri lungo il quale si erano anticamente stabiliti Volsci ed Ernici. Questa porzione della regione era suddivisa fra il Latium vetus, la più antica delimitazione del Lazio, e quello adiectum, risultato delle conquiste romane avviate nel V sec. a.C. Questo settore dell’odierna regione Lazio annovera i centri ernici di Anagnia (Anagni), Aletrium (Alatri), Cereatae, Ferentinum (Ferentino) e Signia (Segni), quest’ultima secondo la tradizione letteraria sarebbe stata fondata da Tarquinio il Superbo alla fine del VI sec. a.C. Più a sud erano ad esempio la città osca, volsca – e poi sannitica – di Casinum (Cassino) e la colonia latina di Fregellae (loc. Isoletta di Arce), nota per la distruzione da parte dei Romani nel 124 a.C., e la volsca Sora. Il territorio, attraversato dalla via Appia e dalla via Latina, costituiva il principale accesso fra il Lazio e la Campania.